Riflessioni sul Libro “La Grotta delle Rondinelle”
e su San Lorenzo Bellizzi
In genere, per chiunque, parlare del proprio paese natio, significa immergersi in una fonte di ricordi (belli o tristi) e di nostalgie varie.
Se poi chi ne deve parlare è colui che nel tempo si è dovuto allontanare, la questione diviene ancora più ricca di emozioni e di sensazioni. Nel Libro in trattazione, invero, viene citata una frase di Euripide (431 a.C.) molto significativa e pertinente, che recita: “non c’è dolore più grande della perdita della terra natia”.
La profondità e la vastità dei sentimenti - che traspare dal Libro “La Grotta delle Rondinelle”, sapientemente scritto e composto da Lisetta - potrà comprendersi solo se viene data descrizione, anche breve, del luogo, dell’epoca e dell’ambiente ove gli avvenimenti sono accaduti.
Si dice – da parte di critici e commentatori - che su San Lorenzo Bellizzi vi sia poco da raccontare, ma che viceversa vi sia tanto, tanto da vedere, scoprire e da capire. Ciò è vero.
Nel mondo moderno, in cui la natura ha subìto enormi, tremende e spesso negative trasformazioni, violentata dall’uomo e dalla cementificazione, si può affermare che quella dell’abitato di San Lorenzo è rimasta quasi straordinariamente intatta; il ritmo della vita è pressocchè fermo, come che si possa “ascoltare il silenzio” del Territorio che lo circonda.
Ingente e progressiva è stata la emigrazione, dagli anni cinquanta in poi, verso il Nord e soprattutto verso la Germania e la Svizzera. Lo stesso padre di Lisetta, unitamente agli Zii, ha subito tale fenomeno alla ricerca di un mondo diverso, più positivo e reale, di una sistemazione più concreta.
Paese montano, a circa 850 mt. sul livello del mare, San Lorenzo ha visto nel tempo altra emigrazione verso la pianura e verso centri agricoli meno ostili: Villapiana, Francavilla Marittima, Trebisacce, Cassano allo Ionio e si è così provocato uno svuotamento della Popolazione che ha caratterizzato la solitudine che ancora oggi manifesta segni di persistenza. Si pensi che anche in Lamezia Terme, siamo minimo in cinque, gli originari di San Lorenzo.
Nel Libro, il tema dell’emigrazione è dominante. Dice l’autrice: “l’emigrazione ha sradicato attività bancarie ed imprenditoriali …. disperso forza lavoro ed intere economie ….. ha appassito le amicizie più vere e simultaneamente l’unione con il prossimo …. ha annientato interi tessuti sociali e i modi di essere più semplici ….”
Qualche spunto favorevole alla avversa tendenza negativa, si è verificato con la creazione della Comunità Montana del Pollino e del relativo Parco Nazionale oltre che con l’apprezzabile opera di diversi Volontari ed Operatori che hanno saputo valorizzare il Torrente Raganello, le Sue Gole, strette in alcuni punti solo pochi metri, ma profonde diverse centinaia, con escursioni fino al famoso Ponte del Diavolo, che ricade nel limitrofo Comune di Civita
Ha contribuito anche il progressivo incremento di Visite al vicino Santuario di Santa Maria delle Armi, nota come la Madonna delle Armi la cui sacra immagine è graffita su pietra scura, conservata in una teca d’argento e dove è possibile ammirare un’antichissima icona bizantina ritrovata nel 1440 che ha spinto, all’epoca, la realizzazione del Santuario su una parete rocciosa, da parte di Monaci Greci che vivevano nella zona già dal VII Secolo, in condizioni eremitiche.
Nel Territorio insistono tra l’altro, il famoso Abisso del Bifurto, un inghiottitoio che scende in verticale per ben 683 metri nonchè il Monte Sellaro del cui legname, secondo la tradizione, prelevato dall’artigiano Epèo, sarebbe stato realizzato e costruito il Cavallo di Troia .
Paese geograficamente periferico ed isolato, posto al confine tra la Calabria e la Basilicata, che negli anni Cinquanta/Sessanta – periodo al quale si possono far risalire ed inquadrare gli avvenimenti, le citazioni e le ineguagliabili descrizioni che il Libro ci indica e ci fa rivivere – era carente di servizi primari come strade, luce, acquedotti, ancora vittima delle ripercussioni disfattistiche e catastrofiche del periodo bellico.
Paese roccioso, scolpito dalle intemperie, abbarbicato su crinali impervi, al pari del “Pino loricato” a sintetizzare e rappresentare la meravigliosa suggestione del Pollino e dei Monti limitrofi che lo circondano. In particolare: la Timpa di S. Angelo, la Timpa di Cassano, la Timpa di San Lorenzo. Timpe che costituiscono dei Massicci che si ergono dalla terra verso il cielo, come se fossero sollevati da Forze sovrumane. Paesaggi incantevoli, con ambienti naturali solenni e misteriosi.
Paese raffigurato come una “Grotta” nella quale trovano rifugio e conforto le “Rondinelle”. Uccelli che l’Autrice del Libro, figurativamente immedesima con le Donne che hanno avuto con Lei legami affettivi: la nonna, la mamma, le zie, le amiche.
Donne che come le Rondini sono legate e tornano sistematicamente al loro nido: la famiglia, la casa, gli affetti e come le Rondini non si distaccano mai da esso a costo di sacrifici, privazioni, sofferenze.
Paese testardo, costituito da gente dinamica, volenterosa, da persone alla ricerca del meglio: si pensi che San Lorenzo, nel lontano decennio 1949/59, ha visto propri cittadini Diplomarsi (Geometri, Ragionieri, Insegnanti ecc.), Laurearsi (Professori, Geologi, Medici, Avvocati ecc.) o divenire Sacerdoti e Monaci.
Già, ma la cosa che sorprende - che è stato ed è punto d’orgoglio del Paese - è il fatto che all’epoca, in San Lorenzo, vi era appena appena la scuola elementare: quella media era in Cerchiara, quelle superiori in Castrovillari e Cosenza, tutti Centri distanti diecine e diecine di chilometri. Ma v’è di più: il Paese era collegato con quelli vicini (Civita, Francavilla, Cerchiara), solo ed esclusivamente a piedi. Non vi erano strade pubbliche percorribili, né mezzi pubblici; il servizio postale era assicurato da mulattieri.
Ricordo a tale proposito che mio fratello e mia sorella studiavano privatamente a Civita, presso Preti Ortodossi ed io e l’altro mio fratello andavamo, una o due volte la settimana a rifornirli di viveri, percorrendo il tragitto di andata e ritorno in otto ore di cammino a piedi (avevo solo nove/dieci anni).
Ciò, era situazione comune a tutte quelle non poche famiglie, compresa quella di Lisetta, nelle quali vi erano componenti che frequentavano gli Studi.
Tempi tristi, tempi di miseria, tempi di sacrifici, di privazioni per la lontananza dai centri, dalle località più floride e fertili, dal progresso in espansione. Tempi però che hanno forgiato caratteri, hanno dato maturità e fermezza ai propositi, hanno dato un sapore più gustoso alla e della vita. Quei ricordi, seppure tristi e melanconici, sono rimasti vivi ed incoraggiano e spingono ancora oggi, a dare valore ed importanza a ciò di cui disponiamo, che spesso viceversa viene considerato insufficiente.
Non intendo appesantire le Vostre Menti, nè intristire ulteriormente l’ascolto. Ho solo voluto dare rappresentazione succinta della situazione, del clima, dell’ambiente in cui mia cugina Lisetta, la sua famiglia, la mia famiglia (mia madre era sorella della sua) hanno vissuto e nei quali l’autrice del Libro è stata fanciulla e giovinetta, unitamente al suo coniuge, il cugino Tonino Pesce ed al quale entrambi sono rimasti ancora caparbiamente legati, come se il tempo non fosse, in tutti questi decenni, trascorso.
Il Libro, assomma, descrive e rivisita, con dovizia di particolari e di citazioni, tutte le situazioni accennate: bellezze, gioie, emozioni contrastanti, tristezze, miserie, ricordi remoti che come le rondini “ci accerchiano … squittiscono .... scuotono …. si propagano …. si estendono …. non soffrono di vertigini ….”
Credo di poter concludere affermando che l’insegnamento che Lisetta, Autrice emerita del Libro, ha voluto lasciare e che si coglie ed emerge dalla sua lettura è che “solo dando uno sguardo al passato, si può valorizzare il presente e sperare in meglio nel futuro”.
Grazie
Salvatore Zaccaro